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Il giornalista e autore Luca Maragno racconta il suo percorso verso il mondo del game design, la nascita del progetto Detectives Vs Criminals, le sfide della progettazione di giochi a movimento nascosto e il lavoro con Martino Chiacchiera e Guido Albini su Viking Route. Un’intervista ricca di spunti sul game design, sulla sperimentazione di meccaniche e sull'importanza del testing nell’affinare un’esperienza ludica precisa e coinvolgente.


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Intervista a Luca Maragno


pubblicato il: 12/04/2025

BIO: Luca Maragno è un giornalista e game designer italiano attivo nel mondo dei giochi da tavolo dal 2018, quando fonda la casa di sviluppo Dam Things! con l’obiettivo di creare esperienze ludiche originali e immersive. Dopo una lunga carriera nel giornalismo e nella produzione multimediale, che lo ha visto collaborare con testate come Panorama, Focus e Game Informer, Luca si avvicina al game design con passione e determinazione, portando con sé una profonda esperienza narrativa e comunicativa. Nel 2020 pubblica il gioco da tavolo, Diabolik – Colpi e Indagini (Pendragon Game Studio), un titolo cooperativo a movimento nascosto ispirato al celebre fumetto, seguito l’anno successivo da Diabolik Storie – La lama della vendetta. Tra i suoi progetti più recenti spiccano Detectives Vs Criminals, attualmente in fase di lancio su Gamefound, e Viking Route, un gioco d’avventura cooperativo basato su innovative meccaniche magnetiche, realizzato in collaborazione con Martino Chiacchiera e Guido Albini.
Link: www.damthings.it


Hai un passato molto ricco e variegato tra giornalismo, produzione video, app, serie e riviste. In che modo queste esperienze ti hanno aiutato (o ti hanno ostacolato) nel tuo percorso di game designer?
Mi hanno aiutato in molti modi. Ho potuto portare delle professionalità acquisite in altri ambiti anche in questo settore. Non sono skill che aiutano specificamente nel game design, ma sono senz’altro competenze che aiutano a pensare a un progetto con una consapevolezza editoriale più a fuoco. La visione a 360 gradi del prodotto, la consapevolezza del pubblico, la capacità di comunicarlo: è un bagaglio davvero prezioso e credo che inconsciamente anche certe mie scelte di game design ne tengano conto.

Detectives Vs Criminals sarà il vostro primo gioco lanciato in crowdfunding e avete scelto di farlo su Gamefound. Cosa vi ha convinti a partire proprio da questa piattaforma (invece di Kickstarter)? È stata una scelta legata al tipo di target, agli strumenti messi a disposizione per gestire la campagna o magari a esperienze precedenti come backer?
Avevo intuito che Gamefound sarebbe diventato un punto di riferimento per gli appassionati del settore se Kickstarter non avesse preso delle contromisure e così è stato. Se fino all’anno scorso qualcuno poteva ancora avere dei dubbi, ormai oggi la situazione è diventata evidente a tutti. Credo che diventerà sempre più una piattaforma centrale per questo hobby e per gli hardcore board gamer così come Steam lo è per i videogamer. Dal punto di vista dell’utenza non c’è paragone, quando navigo su Gamefound mi sento “a casa”, come un bambino in un negozio di caramelle.
Dal punto di vista dei creator per ora è un’esperienza ottima: sono molto attenti a fare comunicazioni puntuali e a sviluppare strumenti utili. Con Kickstarter ho avuto solo un’esperienza “esterna” aiutando Ares Games con il lancio di Viking Route.
Detectives Vs Criminals ora è in fase di pre-lancio, potete seguirlo qui: Gamefound.

Detectives Vs Criminals non è il tuo primo gioco basato sul movimento nascosto. Cosa ti affascina di questa meccanica?
A dire il vero Detectives Vs Criminals è il mio primo gioco a movimenti nascosti! Nel senso che a un certo punto si è presentata l’occasione di prendere la licenza di Diabolik, proprio quando stavano mettendo in produzione i film e mi è sembrata un’ottima opportunità per “vestire” Detectives Vs Criminals con un brand così prestigioso e quindi abbiamo pubblicato Diabolik - Colpi e Indagini con Pendragon. Ovviamente è stato sviluppato in una direzione completamente diversa da quello che è oggi il gioco: diciamo che l’unica cosa che è rimasta in comune sono i movimenti su tre tipi di strade diverse, per il resto sono due giochi completamente differenti e Detectives Vs Criminals gode di una maturità e di uno sviluppo negli anni maggiore.
Gli aspetti che più mi affascinano in questo genere di giochi è la tensione che si crea tra gli avversari e l’esperienza fortemente asimmetrica. Credo che sia uno dei generi che esprime l’asimmetria più spinta: potrebbe addirittura non divertirti se giochi nel ruolo in cui ti nascondi e allo stesso tempo potresti adorarlo nei panni del “cacciatore” o viceversa. Io lo adoro in entrambi i ruoli!

Quali sono, secondo te, le insidie da tenere presente per chi progetta un gioco di questo tipo?
È fondamentale creare una meccanica che metta nei “cacciatori” degli strumenti utili per fare deduzioni logiche, altrimenti rischia di diventare il gioco delle tre carte. La soddisfazione deve arrivare nel momento in cui arrivi a capire dove si nasconde l’avversario perché c’è stato un ragionamento a monte, non perché indovini fortuitamente. Con questa base si diverte anche chi scappa, perché sa quanto può spingersi in là rischiando di svelare troppi indizi.

Quali sono le caratteristiche peculiari di Detectives Vs Criminals rispetto ad altri giochi dello stesso genere? Che tipo di approccio hai usato per innovare questo genere?
La prima innovazione è che si gioca a squadre da 2 a 4 giocatori, quindi anche 2 contro 2. È una grande differenziazione rispetto al solito format del genere “uno contro tanti”. Questo aspetto migliora molto l’esperienza: non soffre di downtime (di solito, chi gioca solo contro gli altri deve attendere parecchio…), ma soprattutto crea delle dinamiche di squadra meravigliose: vedere i giocatori che dialogano per pianificare mosse e contromosse è sempre una grande soddisfazione e, soprattutto, lo fanno anche mentre gioca l’altra squadra, quindi si è sempre attivi, mai in attesa.

La seconda innovazione è la meccanica di movimento: ci si muove fino a tre città di distanza sulla linea ferroviaria, fino a due sulle strade pavimentate e fino a una su quelle sterrate. Questo innesca una dinamica di deduzione davvero intrigante: appena i Detective trovano delle tracce del passaggio dei Criminali in qualche Città possono cominciare a ipotizzare dove si sono mossi. Hanno a disposizione un pool di segnalini “?” da usare a loro completa discrezione, anche durante il turno degli avversari, e piazzandoli nelle Città in cui pensano ci siano i Criminali riescono a seguirli, accerchiarli e pian piano stringerli nella loro morsa: dà proprio la sensazione di una caccia ad alta tensione e la squadra dei Criminali deve davvero faticare per far perdere le proprie tracce.

Nel settore si parla spesso dell'hook, il gancio che cattura l’attenzione e distingue un gioco: qual è quello del vostro titolo?
Ci sono parecchie caratteristiche che credo distinguano Detectives Vs Criminals. Innanzitutto, l’estetica. L’art director, e mio socio, Mathias Mazzetti ha fatto un lavoro eccezionale per ricreare l’atmosfera di inizio Novecento. Le illustrazioni, a cura di Paveway Design Studio, hanno davvero carattere e io le trovo molto intriganti. Alla fine, però, è il gameplay la cosa più importante: il mio obiettivo era di “modernizzare” il genere, i cui titoli di riferimento ormai hanno i loro annetti. Spero di esserci riuscito, penso che Detectives Vs Criminals sia in grado di divertire davvero molto tanti tipi di board gamer.

Quale ruolo ha avuto lo storytelling nella progettazione del gioco?
Nessuno. Amo l’azione e il gameplay. Nei videogame se ci sono cutscene che durano più di 30”, mi viene voglia di spegnere. Con i board game narrativi faccio fatica. Se voglio una storia leggo un libro o guardo un film. Quando gioco voglio interazione, scelte, sfide. Cerco questo nei giochi e questo cerco di offrire quando li progetto. Credo che l’ambientazione e la caratterizzazione siano importanti, anzi fondamentali. Sono un giocatore senz’altro “american”. Ma devono essere al servizio del gameplay, non sopraffarlo. Ho deciso di ambientare Detectives Vs Criminals nell’Europa di inizio Novecento perché i grandi investigatori della letteratura vivono più o meno in quel periodo: Sherlock Holmes, Poirot, Dupin. Ci saranno delle sorprese durante la campagna su questo fronte.

Il gioco l'hai portato anche all'ultima IDEAG nazionale di Parma, uno degli appuntamenti più importanti per i prototipi in Italia. Ti sono stati utili i feedback che hai ricevuto? Hai apportato modifiche significative dopo quell’esperienza? E in generale, quanto contano per te questi momenti di confronto diretto?
Non si finisce mai di testare e nemmeno di migliorare il gioco. Ogni occasione e ogni feedback sono davvero preziosi. Detectives Vs Criminals è stato sviluppato per diversi anni e anche se ormai è “finito” si trova sempre lo spazio per qualche ottimizzazione. Nel corso dello sviluppo ci sono stati confronti con altri autori che coi loro consigli ci hanno spronato molto a migliorarlo.
Per me è fondamentale assistere alle partite durante i test. Scrivo un sacco di appunti mentre osservo i giocatori. I feedback a fine partita sono utili, ma per me è più prezioso vedere cosa fanno le persone mentre giocano. Ho in testa esattamente le dinamiche che voglio innescare nei giochi che invento e se non accadono al tavolo o accadono poco o non con le intensità che mi aspettavo, allora significa che c’è bisogno di lavorarci ancora. Quello che intendo è che l’obiettivo non è solo fare un gioco che “funziona” o che “diverte”, per me l’obiettivo è un po’ oltre: voglio che ogni partita offra un’esperienza precisa e faccio di tutto perché questo accada.

A fine anno uscirà anche il tuo gioco Viking Route, realizzato insieme a Martino Chiacchiera e Guido Albini, incentrato sull'uso del magnetismo. Come è nata questa collaborazione? Quali sono le difficoltà che hai incontrato nell'utilizzare il magnetismo in un gioco?
Martino e Guido avevano ideato un gioco con bussola e magneti, Faceless, ma erano convinti che potesse essere sviluppato meglio in altre direzioni. Ho banalmente risposto a un post su Facebook di Martino proponendomi. Mi interessava provare a lavorare insieme a un autore noto come Martino. E mi interessava provare a sviluppare un gioco con una meccanica di partenza così originale. Le difficoltà sono state parecchie, le racconto in un designer diary che potete trovare qui: designer diary e di cui riporto degli stralci in italiano qui di seguito.

Il primo obiettivo che mi sono posto è stato quello di rendere l’esperienza emotivamente coinvolgente. Usare una bussola per il gameplay è un’idea fantastica, ma l’oggetto in sé non emoziona. Dov’è la nave nel gioco? O i vichinghi che la manovrano? Non potevano rimanere solo nella fantasia dei giocatori, c’era bisogno che fossero rappresentati in qualche modo sul tavolo. Da qui è nata l’idea di un Drakkar su cui muovere le pedine. (…)

Uno dei problemi più difficili da superare è stata la configurazione delle Zone del Drakkar. Sono partito con una classica suddivisione in Zone quadrate a griglia e il gioco è risultato subito piuttosto divertente.

E cominciò il mio tormento perché il gioco era divertente, ma in certi Turni i personaggi non riuscivano sempre a raggiungere le Zone di interesse per poter affrontare l’urgenza del momento, in altri invece sembrava che non avessero molto da fare. Sentivo che le potenzialità di tutte le meccaniche utilizzate non erano state sfruttate appieno.

Mi sono preso una pausa di 15 giorni, dedicandomi a un altro gioco, sperando di fare tabula rasa. Certe volte basta “distrarsi” per un po’ di tempo e quando si ritorna ad affrontare un problema si trovano nuove soluzioni che prima non si riuscivano a vedere. Ho poi ripreso in mano il gioco e ho smontato tutto il gameplay. Mi sono intestardito nel cercare soluzioni ottimali per la configurazione delle Zone del Drakkar e, quando sono uscito dallo schema a griglia e ho ragionato con Zone che non fossero “squadrate”, è arrivata la soluzione: una Zona Ponte che potesse collegare tutte le altre in modo che tutti i personaggi fossero in qualsiasi momento a non più di due Zone di distanza da qualsiasi punto della nave. Ora il gioco aveva il ritmo giusto senza che calasse mai la tensione.

Guardando al futuro, quali strade ti piacerebbe percorrere come autore? Hai nel cassetto un “gioco dei sogni” che vorresti realizzare prima o poi? Qualcosa di ancora più ambizioso, oppure un’idea che aspetta solo il momento giusto?
Sì c’è, anzi il motivo per cui sono entrato in questo mondo è proprio per pubblicare un gioco che non ha ancora trovato la sua strada, ma è lì pronto sulla griglia di partenza. Dopo Detectives Vs Criminals penso che mi dedicherò a quello, ma al momento è troppo presto per parlarne.

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Puoi trovare altre interessanti interviste a board game designer italiani e internazionali nei libri Come creare un gioco da tavolo e Interviste agli autori di giochi.

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