Crogiolo

login/registrati

Comico, attore, autore… e ora anche game designer. In questa intervista, Mino Abbacuccio ci racconta la nascita di Bué, il suo primo gioco da tavolo autoprodotto, nato da una scintilla notturna e trasformato, con pazienza e test continui, in un prodotto curato nei minimi dettagli. Dalla scelta del packaging in metallo al bilanciamento tra fortuna e strategia, Mino ci guida dietro le quinte di un processo creativo che intreccia istinto, osservazione del pubblico e grande determinazione.


Vai all'Home Page

Intervista a Mino Abbacuccio


pubblicato il: 23/04/2025

BIO: Nato a Napoli, inizia la sua avventura nel mondo dello spettacolo a soli 16 anni, esibendosi come artista di strada in numerose piazze del centro-sud Italia. La passione per la comicità lo porta presto ad avvicinarsi al cabaret, frequentando laboratori comici fino ad approdare, nel 2008, al laboratorio “Sipariando” presso il Teatro Tam di Napoli, da anni fucina di talenti e trampolino per il celebre programma Made in Sud.
Proprio a Made in Sud diventa uno dei comici più amati, conquistando il pubblico con personaggi apprezzati da grandi e piccoli. Nel 2024 entra nel cast di Mad in Italy e partecipa alla miniserie di Canale 5 Fragili, in onda con la seconda stagione nel 2025.
Tra i riconoscimenti più importanti: il Premio Arte Umoristica “Città di Napoli” (2007), il primo posto al Festival “Vado al Massimo” (2009), il Premio della Critica al Premio Massimo Troisi e il Premio Charlot (2010) con 777 voti su 1000.
Ha preso parte a numerosi programmi TV, tra cui Piazza Italia, Festa Italiana, Il boss dei comici, Emoticon Show, Palcoscenico, Made in Sud e Mad in Italy.
Ha lavorato come autore per i seguenti format televisivi: Il boss dei comici (La7), La domenica più tradizionale (Real Time), Emoticon Show e Made in Sud.
Link: www.cartebue.it


Mino, il pubblico ti conosce per la tua carriera di comico, attore e autore: hai dato vita a personaggi, scritto sketch, calcato i palchi di Made in Sud. Ma oggi parliamo di te come game designer. Cosa ti ha spinto a esplorare il gioco da tavolo come forma espressiva?
Il desiderio inesauribile di arrivare alle persone. Lasciare qualcosa: una risata, uno spunto su cui riflettere, un’emozione. Per me questa è la soddisfazione più grande: mi interessa lasciare un segno, anche se piccolo, ma autentico. Credo che il gioco, proprio come una canzone, un quadro o uno sketch, sia un mezzo potente per comunicare.

Nella mia vita ho avuto la fortuna di potermi esprimere liberamente, mettendo a frutto la mia creatività senza preoccuparmi nella fase di sperimentazione. Mi sono sempre concentrato di più sul risultato finale, su ciò che arriva davvero alle persone a lavoro compiuto. Ti faccio un esempio: mi è capitato spesso di salire sul palco durante i laboratori di cabaret con proposte ancora grezze, non del tutto pronte. Sapevo che avrebbero potuto ricevere un giudizio negativo, ma non mi fermavo. Il mio obiettivo era capire il pubblico, cogliere i segnali, lavorare su ciò che funzionava e migliorare ciò che non andava. Un vero e proprio processo creativo, dove il mettersi in discussione è continuo, fondamentale.

In che modo il tuo background artistico ti ha aiutato in questo nuovo percorso creativo?
Mi ha aiutato tantissimo. Questo continuo allenamento al rischio, alla sperimentazione, mi ha insegnato a non inseguire il risultato subito, ma ad avere pazienza, ad aspettare il momento giusto. E quando quel momento arriva lo sento sulla pelle.

Ogni gioco nasce da una scintilla, da un’idea che prende forma e poi diventa progetto. Raccontaci la genesi di Bué: quando è nata l’intuizione iniziale? E qual è stato quel momento – magari anche un po’ magico o inaspettato – in cui hai pensato “questa idea ha davvero qualcosa di speciale, la voglio trasformare in un gioco vero”?
Avevo otto anni quando ho costruito il mio primo gioco. Era un pallacanestro da tavolo e i materiali usati erano: una scatola di scarpe (il campo), il coperchio della scatola (il quadrante del canestro), un bicchierino da caffè col fondo tagliato (il canestro), un tappo (per tenere la pallina prima del lancio) attaccato su una riga (la catapulta) e una pallina di plastica. Era una cosa molto artigianale e appunto tutto nacque da una scintilla: senza un perché mi stavo esprimendo in qualcosa e mi piaceva ciò che stavo facendo.
Oggi a distanza di tempo con Bué ho rivissuto quella scintilla. Un giorno ho pensato: “come sarebbe bello se la gente giocasse a un gioco ideato da me…”. E allora ho iniziato immaginando cose che mi vergogno pure di raccontare, giochi assurdi! Poi, questo continuo pensare e ripensare, anche in maniera un po’ confusionaria, mi ha tracciato una linea ben precisa e su questa linea è nato il primo prototipo di Bué.
Ricordo come fosse ora quella notte… ero nel letto e non riuscivo a dormire perché la mente correva a mille. A un certo punto, davanti ai miei occhi, si chiuse come un incastro perfetto quel meccanismo che stavo cercando! Allora accesi la luce, presi dei bigliettini e scrissi dei numeri, misi i bigliettini in posizione e feci un primo giro, poi un secondo, poi dissi: ok, questo è ciò che deve nascere.
Ho provato il gioco prima da solo, poi con amici vicini e poi con persone conosciute da poco, ma che non sapevano chi fosse l’ideatore del gioco. Ho notato subito che il gioco aveva qualcosa di speciale. Era sicuramente da modificare e bilanciare, per cui non ho perso tempo: ho continuato a modificare, bilanciare e provare, modificare, bilanciare e provare, fino a che ho detto “ci siamo, ora è il momento giusto”.

Bué è un gioco di carte con una struttura semplice, ma con una serie di scelte che coinvolgono strategia, lettura degli avversari e rischio calcolato. Qual è stata la sfida principale nel trovare un bilanciamento tra fortuna e abilità? Quali sono le modifiche che ti hanno aiutato a rendere il gioco più interessante?
Bué mi ha impegnato a lungo e la cosa su cui ho dovuto lavorare di più è stato proprio il bilanciamento, mentre le meccaniche erano chiare, volute e ormai decise. Ho cambiato tante volte il bilanciamento fino a trovare quello che sentivo essere quello giusto. Per quanto riguarda le modifiche che lo hanno reso più interessante, il tocco finale è stata l’aggiunta di altre due carte 100 e una carta X0, che hanno innescato altre situazioni interessanti e divertenti. Per Bué c’era la volontà di creare un gioco semplice e leggero che potesse essere giocato in un contesto di giocatori, ma anche in quelle belle serate natalizie.

Ci sono giochi che ti hanno influenzato in modo particolare nella sua realizzazione?
Non ho subito l’influenza di altri giochi, ma ho riformulato a modo mio i sapori di alcuni giochi come il Poker, il Blackjack, il gioco dei pacchi. In Bué non trovi quelle stesse regole, ma trovi a tratti l’adrenalina di uno scambio di pacchi, l’adrenalina delle carte rivelate gradualmente al Poker (con la differenza che in Bué ciascuno ha la sua cinquina), l’adrenalina di dover raggiungere un numero (50), ma con l’aggiunta della possibilità di poter avvicinarsi e restare sempre in gioco senza subire la frustrazione di quando si sballa e si perde.

Perché hai deciso di autopubblicarti? Quando hai deciso di autopubblicare Bué, prevedevi già tutto quello che ti aspettava? Oppure hai scoperto molte cose strada facendo? Qual è stata la parte più difficile dal punto di vista produttivo? Se domani volessi pubblicare un altro gioco… ripercorreresti la strada dell’autoproduzione?
Ho deciso di autopubblicare perché volevo fortemente lasciare intatto un lavoro in cui credo e a cui ho lavorato con tanto amore. Ho letto tanti post che scoraggiavano l'autopubblicazione, ma mi sono detto: “Anche se alla fine dovrò rinunciare, voglio prima capire davvero il perché”. Così mi sono tuffato nelle esperienze altrui, ho studiato le problematiche, i limiti, tutto ciò che avrebbe potuto frenarmi. Devo dire che le difficoltà sono state tante e, più di una volta, ho pensato di fermarmi, di non avere abbastanza forza per far camminare il gioco da solo. Ma dentro di me c’era qualcosa che mi spingeva a continuare: la consapevolezza che se il pubblico apprezza, non ti delude. Ti supporta. E se il gioco funziona, piace, diverte… allora va avanti da sé. Certo, cambia la velocità di diffusione, ma non l’essenza. Desideravo una crescita graduale, solida, passo dopo passo.
Dal punto di vista produttivo, la parte più difficile è stata senza dubbio la gestione di tutto: dalla logistica ai contatti con i fornitori, ai test, alla burocrazia, fino alla comunicazione. Fare tutto da solo richiede tanto tempo, attenzione e spirito di adattamento. Se domani volessi pubblicare un altro gioco? Sì, probabilmente ripercorrerei ancora la strada dell’autoproduzione. Magari con più consapevolezza, con un po’ più di esperienza e con qualche errore in meno, ma sempre con lo stesso entusiasmo.

Bué mi ha molto colpito anche per come si presenta: hai scelto un packaging insolito, una grafica d’impatto, un’identità visiva chiara. Si vede che non l’hai pensato solo come un gioco, ma come un “prodotto completo”, un’esperienza curata in ogni dettaglio, anche nel modo in cui si mostra, si tocca, si comunica. Quali sono le considerazioni che ti hanno guidato in queste scelte?
Mi fa davvero piacere che tu abbia percepito questo aspetto, perché è esattamente ciò che volevo trasmettere. Bué era il mio biglietto da visita in un mondo per me nuovo e sentivo il bisogno di presentarmi con rispetto e cura: per chi, come me, lavora con fatica per realizzare qualcosa e per chi si sarebbe trovato a giocarci. Quell’esperienza di cui parli, il modo in cui il gioco si presenta, si tocca, comunica, per me non è un elemento a parte, ma è strettamente legato all’esperienza del giocatore. È qualcosa che viviamo insieme: io nel creare, chi gioca nel riceverla, interpretarla, farla propria. Per questo ho voluto curare ogni dettaglio: dal packaging alla grafica, fino al tono con cui si racconta. Non volevo solo fare un gioco, ma anche costruire un’identità chiara e coerente intorno a qualcosa di davvero speciale per me.

Come stai promuovendo Bué? Quali canali stai utilizzando per farlo conoscere – social, eventi, fiere, passaparola? Ti sei dato una strategia o stai sperimentando man mano? E quanto pensi che la tua esperienza come personaggio pubblico abbia influito sul modo in cui lo presenti?
Il passaparola è fondamentale in questa fase e ho curato la comunicazione di Bué come si farebbe con la presentazione di un libro o la proiezione di un film. Per me, non c’è niente di più bello che mostrare il proprio lavoro di persona e farlo conoscere, in questo caso, anche giocando. La mia esperienza come personaggio pubblico mi ha sicuramente aiutato a far conoscere il progetto, ma mi ha anche ricordato quanto sia importante il rispetto per il pubblico, che non va mai deluso. Sapevo di avere una grande responsabilità: presentarmi in una veste nuova, diversa da quella a cui il mio pubblico era abituato. Ma quella responsabilità non mi ha spaventato: mi ha dato invece una spinta in più per fare bene. Era un’opportunità, sì, ma anche un’arma a doppio taglio.

Hai imparato qualcosa su di te come creativo grazie a questo progetto? C’è stato un aspetto del processo – ideazione, playtest, grafica, contatto con i giocatori – che ti ha sorpreso per quanto ti ha coinvolto o cambiato? Se dovessi spiegare a qualcuno che non ha mai creato un gioco cos’è stato per te Bué, cosa gli diresti?
Ho avuto la conferma che il processo creativo non smette mai di sorprendermi, una mente “sotto pressioni positive” prima o poi regala cose belle, talvolta inaspettate. La cosa che mi ha sorpreso di più è stata che in un lavoro che richiedeva tante forze sono riuscito a mettere a frutto tutte le cose apprese per anni in altri settori. Se dovessi spiegare a qualcuno cosa è Bué, direi: “È la mia opportunità di dire la mia, in un mondo dove ci fanno credere che non ci sia più niente da dire, né niente di nuovo da fare”.

---
Puoi trovare altre interessanti interviste a board game designer italiani e internazionali nei libri Come creare un gioco da tavolo e Interviste agli autori di giochi.

Vai all'Home Page

Lascia la tua email per essere aggiornato!

* indicates required

Intuit Mailchimp

 
Crogiolo © 2025 Prometheo Informativa Privacy - Avvertenze